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Giulio Scarpati: “Non lasciamo mai soli i malati e le loro famiglie”

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L’attore celebre anche per il suo ruolo in “Un medico in famiglia”, durante la sua partecipazione alla “Giornata Nazionale del Sollievo” al Policlinico Gemelli di Roma ha ricordato la sua esperienza come “figlio” di una paziente malata di Alzheimer spiegando quanto sia importante che tutto il nucleo familiare “senta” l’attenzione dei dottori, medici, infermieri e struttura sanitaria.

 

Forse non tutti sanno che il famoso “Lele” di “Un medico in famiglia”, l’attore Giulio Scarpati, ha scritto un libro intitolato “Ti ricordi la casa rossa? Lettera a Mia madre”, in cui racconta la malattia che ha colpito la sua mamma, morta nel 2014, ma anche i suoi ricordi più intimi, le sue sensazioni davanti a una malattia degenerativa che non lascia scampo. Per questo non è voluto mancare sul palco del Policlinico Gemelli dove la giornalista Paola Saluzzi per quattro ore ha dato vita a uno spettacolo in occasione della “Giornata Nazionale del Sollievo”.

“Questo perché”, ci ha raccontato Giulio Scarpati, “io so cosa vuol dire avere una persona cara malata senza possibilità di guarigione. Ti senti impotente nei suoi confronti, non vuoi accettare che prima o poi non ci sarà più e non farà più parte della tua vita. Vorresti che il tempo che le resta fosse pieno di affetto, calore umano da parte di tutti. Sono qui perché questo messaggio arrivi a quante più persone possibile”

La malattia della madre ha segnato Giulio Scarpati che oggi dice di sentirsi meglio perché l’aver scritto un libro con tutto quello che aveva dentro è servito da terapia. “C’è tutta la frustrazione del capire che sta accadendo qualcosa a tua mamma e non puoi fare niente per evitarlo. Poi arriva il dolore perché ti accorgi dei primi sintomi della malattia. Nel caso di mamma era l’Alzheimer ed è cominciato con lei che non si ricordava come si chiamavano alcuni oggetti. Alla fine, successo l’inevitabile, c’è lo strazio di vedere una persona sul letto, immobile, senza sapere né cosa stia pensando né se abbia bisogno di qualcosa, o se stia cercando di dirti qualcosa”.

Per Scarpati è fondamentale che anche le strutture sanitarie si adoperino perché il malato e sua famiglia non debbano soffrire altro oltre alla malattia. “Soprattutto medici e infermieri è importante che capiscano che il paziente e i suoi familiari sono “appesi” alle loro parole: so che chi lavora in campo sanitario deve necessariamente distaccarsi da certe cose, l’importante è che non si distacchi “troppo” perché il malato lo sente. La partecipazione emotiva è tutto quando capisci che non ti rimane molto altro a cui aggrapparti”.


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