L’artista si presenta spontaneamente e spiega che non sapeva nulla di quello che succedeva sulla sua proprietà. I rifugiati sui suoi terreni saranno aiutati.
Sembrerebbe innocente. Non è indagato nell’inchiesta, non c’entra col caporalato che avveniva sui terreni di sua proprietà nel Chianti, ma Sting, l’artista britannico, alle 8 di mattina si è spontaneamente presentato a Prato in procura per parlare con i magistrati e chiarire una volta per tutte la sua posizione sulla vicenda del caporalato nel Chianti. Tutto superfluo, dal momento che gli stessi magistrati avevano già sottolineato che Sting non era in nessun modo a conoscenza dello sfruttamento della manodopera dei profughi.
L’artista tuttavia è stato al centro della cronaca, oggetto di alcuni articoli sulla stampa inglese e ha voluto precisare la sua assoluta estraneità alla vicenda. Il cantante inoltre è da anni impegnato nella difesa dei diritti umani e cercherà, lui stesso l’ha dichiarato, di aiutare anche gli immigrati sfruttati dai caporali nei terreni che lui aveva affittato alla società Coli di Tavarnelle Val di Pesa, ora indagata. Alcuni membri della famiglia Coli, i responsabili della società indagata, si trovano agli arresti domiciliari per sfruttamento del lavoro nero e della manodopoera in parte clandestina, in parte costituita da profughi richiedenti asilo.
Una storia drammatica che vedrebbe al centro di tutto la buonafede quella del cantante che ha prestato i suoi terreni al servizio di, quella che lui credeva, umanità e dei profughi che avevano creduto nel progetto. La procura di Prato non aveva sospettato di Sting, personalità integerrima, che dopo aver deposto spontaneamente è stato libero di tornare a casa. La vicenda aveva scatenato l’interesse dei media inglesi che si chiedevano se il cantante fosse coinvolto in questi loschi affati. Fortunatamente ora tutto sarebbe chiarito, ma Sting, manterrà la sua parola?
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