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Diana Del Bufalo: “In C’era Una Volta Studio Uno vi farò ridere e piangere” [ESCLUSIVA]

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La giovane attrice e cantante che si è fatta conoscere con programmi come “Amici” e “Colorado”, oltre che con serie tv come “Che Dio ci aiuti 4” ha spiegato a Velvet Mag il suo personaggio con una grinta e una simpatia fuori dal comune. In conferenza stampa ha cantato il ritornello della sua canzone dal vivo, senza nemmeno “riscaldare” la voce, ha parlato di sua mamma cantante d’opera, ha espresso la sua felicità nel partecipare a un progetto che riporta alla memoria un programma televisivo storico, Studio 1 appunto, che ha cambiato per sempre le regole del varietà in tv.

diana dentro

Ha l’argento vivo addosso Diana Del Bufalo, in grande forma alla presentazione del telefilm in due puntate di Raiuno diretto da Riccardo Donna “C’era una volta Studio Uno”, in onda il 13 e 14 febbraio in prima serata. Una miniserie che consentirà alle nuove generazioni di scoprire la grandezza di alcune trasmissioni che hanno fatto la storia della televisione italiana e ai meno giovani di rivivere la magia del varietà più innovativo e memorabile degli anni sessanta.

Tra i protagonisti tre splendide attrici: Alessandra Mastronardi, Silvia Buscemi e Diana De Bufalo, che oltre a recitare al cinema e in tv è una cantante di talento. Una figlia d’arte, visto che la mamma è una cantante lirica.

“Mi è sempre piaciuto cantare”, ha confessato lei, “mi piace anche scrivere canzoni che poi, alla fine, sono come me: birichine ed esuberanti”.

Qual è il tuo personaggio in “C’era una volta Studio Uno?

“Sono Rita, una ventiduenne ragazza madre con un bambino di due anni, cosa che a quei tempi veniva vista molto male, praticamente eri una “poco di buono” che nessun uomo si prendeva più, che però ha un sogno nel cassetto: diventare una cantante anche se fa la sarta. Lei è un’ottimista e una caparbia, ma non sempre le cose vanno come vuole”.

Che esperienza è stata?

“Complessa, emozionante e anche divertente. Inizio dal divertente: siccome sono una sarta, ho dovuto girare varie scene alla macchina da cucire e per essere credibile ho dovuto imparare. Potreste mai immaginare che fatica? Perché con le macchine da cucire degli anni sessanta, che avevano il pedale, all’inizio è stata una tragedia. Mi si incastrava la ruota che porta il movimento dal pedale alla macchina d cucire, faceva un rumore pazzesco. Poi è stato emozionante perché vedere gli abiti di un tempo, tutte le scenografie di un tempo, addirittura i microfoni originali degli anni sessanta che gli scenografi sono andati a recuperare in un magazzino a Torino, ti regala sensazioni che non immagini. Spero faccia lo stesso effetto anche agli spettatori”.

Perché però hai definito l’esperienza complessa?

“Perché ho dovuto piangere e per una al primo ruolo importante, perché questo telefilm è stato girato lo scorso anno e per me era una delle prime parti da protagonista della mia carriera, non è stato una passeggiata. Per prepararmi ho fatto quello che oggi mi fa soffrire di più: ho letto cose sulle violenze sugli animali e ho focalizzato l’attenzione sul dolore che mi provocavano. In scena ho recuperato quel dolore e sono riuscita a piangere davvero a calde lacrime. Odio le violenze sugli animali, sono vegetariana e contraria a tutto ciò che provoca loro sofferenza. E pure alle pellicce”.

Hai chiesto informazioni ai tuoi sulla tv degli anni sessanta per documentarti meglio?

“Certo che sì. Pensate che mia madre mi ha raccontato che non vedeva l’ora che venisse sera per vedere “Carosello”. A me è sembrato strano perché in fondo era una serie di spot pubblicitari in bianco e nero, il più delle volte musichette con un balletto. Le ho chiesto che ci trovata di tanto bello ma lei mi ha spiegato che la magia del “Carosello” era imbattibile. Allora non c’era la scelta di programmi televisivi che c’è oggi, talmente vasta che rischi di perderti: c’erano poche cose e il “Carosello” era divertente, vario, veloce, gioioso. Deve esserlo stato davvero perché a mamma, mentre lo ricordava ad alta voce, brillavano gli occhi”.

Hai visto qualche “stralcio” dell’originale Studio Uno?

“Certo che sì, su youtube. L’ho fatto perché volevo capire che tipo di atmosfera comunicava ai telespettatori. Mi è piaciuto molto: che compostezza! Che eleganza! Ho capito benissimo perché ha fatto così presa all’epoca sul pubblico. Chi non poteva permettersi di uscire il sabato sera aveva a disposizione, a casa propria, uno spettacolo bellissimo con ballerine, canzoni, varietà, divertimento. Il vero servizio pubblico”.

Sappiamo che l’11 febbraio sarai al Festival di Sanremo: confermi?

“Si, con le mie colleghe saremo sul palco dell’Ariston per presentare questa minifiction. Cosa faremo? Non lo so bene ancora. Molti mi hanno chiesto, visto che sono una cantante, perché non canto un pezzo. Oddio, solo al pensiero mi sento male. Cantare sul palco di Sanremo davanti a milioni di spettatori? Alla fine ce la farei perché sono caparbia, ma alle prove rischierei di svenire ogni due minuti. Se per caso dovessi cantare davvero, sappiate che le prove saranno state un supplizio”.

Photo credits: Facebook

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